L'idea iniziale del Premio
In un paese quale l'Italia - dove, come amava sottolineare Leo Longanesi "alla manutenzione si preferisce l'inaugurazione" - immaginare un'iniziativa culturale capace di durare ininterrottamente per tre decenni può apparire come pura utopia.
Eppure il Premio per il Marketing - lanciato nel lontano 1988 dalla Philip Morris, sulla base di un'idea suggerita da Carlo Alberto Pratesi, come iniziativa dedicata agli studenti universitari interessati a mettersi alla prova nella soluzione di un caso aziendale- ha già superato i trent'anni, e ci sono tutte le premesse affinché il suo ciclo di vita possa durare ancora un bel po'.
Al momento del suo lancio il progetto rappresentò per il mondo accademico una grande innovazione: basti pensare che in quegli anni nelle università italiane, fatta salva qualche eccezione (prevalentemente tra gli atenei privati), i corsi di economia non prevedevano l'esame di marketing (per regolamenti di carattere ministeriale allora il termine anglosassone non si poteva utilizzare e, quindi, la materia veniva insegnata con i nomi più vari come "tecniche e politiche di vendita" o "ricerche di mercato"). E poi, la stragrande maggioranza dei docenti, non utilizzava mai come strumento didattico la studio e la discussione dei casi aziendali (che allora erano relegati alle aule dei master erogati dalle prime business school), né gli studenti erano incentivati a lavorare in gruppo.
L'evoluzione
Facile immaginare, dunque, con quale diffidenza iniziale venne accolto il Premio: dapprima improntato su una traccia aperta di lavoro (la prima edizione richiedeva di concepire una strategia di lancio di un nuovo prodotto a scelta sul mercato nazionale), poi -dalla seconda edizione in poi, protagonista della quale era un curioso formaggio a fiocchi "Jocca" (un cottage cheese tipicamente anglosassone)- ridisegnato nella formula attuale.
Eppure, il gradimento da parte degli studenti fu immediato: lavorare sulla soluzione di un caso reale con la speranza di mettersi in mostra nella classifica nazionale del Premio apparve subito come un risultato che meritava l'investimento di tanti week-end e molte serate passate progettare questionari, nuovi prodotti, packaging, line extension e budget.
Negli anni successivi vennero passati in rassegna tanti altri prodotti alimentari del gruppo Philip Morris, dai formaggi (Philadelphia, Sottilette, Invernizzi) alla cioccolata (Toblerone, Milka), dai caffè (Splendid, Hag) alla maionese (Kraft), per continuare con la birra (Miller), la carne (Simmenthal) e i tortellini (Fini).
A partire dall'edizione del 2003 il Premio decide passare a casi relativi ai marchi italiani più importanti, spaziando dai beni di consumo ai servizi, dalle aziende multinazionali a quelle pubbliche: Vespa, Maserati, Tim, Indesit, Rai e Wind, fino ad arrivare al settore non profit con il caso WWF del 2009.
Dal 2006, Philip Morris ha deciso di interrompere il patrocinio all'iniziativa, in relazione all'adozione di una nuova strategia di comunicazione promossa a livello internazionale. Da quell'anno la SIM (Società Italiana Marketing) ha ereditato il Premio rilanciandolo grazie al coinvolgimento di importanti imprese interessate ad entrare in rapporto con gli studenti universitari e, più in generale, con il mondo accademico.
I risultati
Guardandosi indietro, possiamo affermare senza tema di smentita che nei suoi lunghi anni di vita, il Premio per il Marketing ha contribuito non solo a rinnovare i corsi di studio (oggi i corsi di marketing, i project work e i lavori di gruppo abbondano in tutti i corsi di laurea in economia) ma anche ad allevare molti dei nuovi manager di oggi (molte aziende valutano in modo estremamente positivo la partecipazione al progetto nei cv dei neolaureati).
Lo può ben testimoniare, fra gli altri, Carlo Nardello: allora giovane studente universitario partecipante alla terza edizione del premio e successivamente, nel suo ruolo di direttore marketing e palinsesto di Rai, proponente del caso oggetto della XIX edizione. Con lui si è chiuso il cerchio della relazione Premio-studente, avviando una collaborazione intellettuale e culturale tra una delle più importanti aziende italiane e la Società Italiana Marketing, con la speranza e l'intento di contribuire assieme al rilancio economico e sociale del Paese.
La forza della relazione Premio-studente è confermata anche dalla XX edizione del Premio, incentrata sul caso Wind; la scelta di quest'azienda è dovuta soprattutto al ruolo di Maximo Ibarra, Direttore Marketing di Wind, che ha fortemente voluto attivare una collaborazione con il Premio sia per la costante attenzione che l'azienda di telecomunicazioni pone alle problematiche del marketing sia perchè in questo modo può offrire a numerosi studenti l'occasione di vivere un'esperienza di formazione unica, come quella vissuta da lui stesso, in qualità di finalista di una passata edizione del Premio Marketing.